Ci sono due bussole che orientano la trattativa che porterà al nuovo governo di Paolo Gentiloni. La permanenza di Luca Lotti, braccio destro (e sinistro) di Matteo Renzi a palazzo Chigi. E l’ingresso formale al governo delle truppe di Denis Verdini, l’ex plenipotenziario (pluri-imputato) di Berlusconi. Con Enrico Zanetti, destinato ad ottenere un ministero (anche se non di prima fascia). E la richiesta di un secondo ministero, quello che fu della Boschi, o per Marcello Pera, già presidente del Senato di Silvio Berlusconi o per Giuliano Urbani (tra i fondatori di Forza Italia nel ’94).

Ma è soprattutto il ruolo di Lotti che condiziona il giro di poltrone. Garante della continuità del potere come sottosegretario alla presidenza, in modo da poter gestire la partita delle nomine di primavera, Lotti non solo non lascia, ma raddoppia. L’obiettivo sono le deleghe ai servizi segreti, in capo a Marco Minniti, un suo vecchio pallino sin dalla formazione del governo Renzi.
Per realizzare l’operazione sul tavolo del premier incaricato c’è già un’ipotesi che fonti vicine alla trattativa definiscono “concreta”. E che prevede il più classico dei “promoveatur ut amoveatur”, ovvero lo spostamento di Minniti all’Interno e la nomina agli Esteri di Angelino Alfano. Il quale non è affatto contrario all’idea di lasciare il Viminale, ora che al piano nobile del ministero dell’Interno torna ad aggirarsi il fantasma del caso Shalabayeva. Scriveva Carlo Bonini su Repubblica, qualche giorno fa: “A 4 anni da quella ‘extraordinary rendition’ con cui, violando le norme del diritto d’asilo, vennero consegnate al Kazakhstan due donne che avevano la sola colpa di essere moglie (Alma) e figlia (Alua) del dissidente ricercato Mukhtar Ablyazov, il profilo e le responsabilità del ministro dell’Interno Angelino Alfano e quelle degli allora vertici del Dipartimento di Pubblica sicurezza tornano ad essere illuminate da nuovi, decisivi dettagli documentati dagli atti depositati nell’ inchiesta per sequestro di persona appena conclusa dalla procura di Perugia. Quella per la quale si preparano ad andare a processo in 11. Sette tra dirigenti e funzionari di Polizia, il giudice di pace, Stefania Lavore, che autorizzò la consegna ad Astana, e tre diplomatici kazaki”.

Dunque: Lotti potente sottosegretario a palazzo Chigi anche con delega ai servizi, Minniti all’Interno, Angelino Alfano agli Esteri. Più che un governo fotocopia, un bunker con la lunga mano del premier uscente su dossier delicati, nomine e servizi. Già si parla di un cambio dei vertici Rai e del direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via. E poi in primavera si passa ad Enel, Eni, Poste, Finmeccanica, Terna e tanti altri consigli di amministrazione. Gran finale, Banca d’Italia, col mandato di Ignazio Visco che scade nel 2017. In parecchi ricordano che proprio una analoga infornata di nomine produsse l’accelerazione che portò Renzi a palazzo Chigi al posto di Letta.

Poi, i servizi, il vecchio pallino “del Lotti”, come dicono i toscani, sin da quando furono proprio Renzi e Lotti a pensare a una struttura sul modello americano della NSA, la National Security Agency, da insediare a palazzo Chigi. E da affidare all’amico Marco Carrai. Bruciata nelle polemiche l’idea della struttura, nacque l’idea di una super-consulenza per l’amico Carrai. Ora il dossier “servizi” è entrato nel rimpasto, anzi condiziona il rimpasto di governo perché investi cambi nei ministeri di primissima fascia.

Tra le altre caselle, sono certe la riconferma di Padoan all’Economia, di Andrea Orlando alla Giustizia, di Roberta Pinotti alla Difesa, di Franceschini ai Beni culturali e di Delrio alle Infrastrutture. Al momento – la trattativa si concluderà nel pomeriggio di domani quando Gentiloni salirà al Colle con la lista dei ministri – dovrebbe far parte della squadra Maria Elena Boschi. È lei che ha espresso questa volontà. Anche se non alle Riforme. Per quel ministero una delle ipotesi è Anna Finocchiaro. Tra le uscite pressoché certe Stefania Giannini che lascerebbe l’Istruzione, dove ha rifiutato l’offerta Gianni Cuperlo, ed è molto accreditata l’ipotesi Lorenzo Guerini, con Maurizio Martina che va a fare il vicesegretario. Pressoché certa anche l’uscita di Giuliano Poletti. Per il suo posto circolano i nomi di Teresa Bellanova e di Tommaso Nannicini. Mentre all’Ambiente, al posto di Galletti, concreta è l’ipotesi Ermete Realacci. E la trattativa continua. Martedì mattina il giuramento al Quirinale.

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