Punito. Anzi, massacrato. Non solo niente Olimpiadi per Alex Schwazer,ma anche otto anni di squalifica, così come chiesto dalla Iaaf. Eliminato, cancellato, fatto fuori. Per sempre, perché l’atleta, oggi, di anni ne ha già 32. Ma tant’è, questa sospetta vicenda di doping, il secondo doping, significa fine di tutto, non solo dei giochi di Rio. La sentenza del Tas, ilTribunale Arbitrale dello Sport che lo ha ascoltato a Rio de Janeiro in un clima di caccia alle streghe, non lascia appello. La speranza di Alex era quella di correre alla 20 e alla 50 km di marcia. Chi sperava che il rinvio della decisione fosse di buon auspicio sbagliava. Chi non sbagliava, invece, era chi dall’entourage di Schwazer diceva che la sentenza era già scritta. Sentenza appellabile soltanto presso un tribunale federale svizzero. Ma tanto ormai l’Olimpiade se n’è andata. Schwazer ci aveva creduto. Fino all’ultimo. Fino a questa mattina, dove è stato fotografato, solo e sotto alla pioggia, mentre correva, mentre ostinatamente si allenava.

Schwazer era stato trovato positivo in un controllo antidoping a sorpresa effettuato ordinata dalla Iaaf presso la sua abitazione di Racines, in provincia di Bolzano. Dopo un primo esame negativo, la federazione internazionale – in base alla raccolta dei dati del passaporto biologico steroideo – aveva ordinato un esame di secondo livello che aveva evidenziato la presenza di testosterone. Ma alcune modalità dell’iter della vicenda – anzi, moltissime modalità -, dalla violazione dell’anonimato all’allungamento dei tempi di comunicazione dell’accaduto all’atleta, combinati con i dati di tutti gli altri 14 controlli che non avevano evidenziato alcuna anomalia, avevano portato la difesa del marciatore a denunciare l’ipotesi di dolo. Un’ipotesi che ora resta in piedi soltanto per la giustizia penale visto che la procura di Bolzano ha aperto un fascicolo sulla denuncia contro ignoti presentata dall’avvocato di Schwazer, Gerhard Brandstaetter.

Per Schwazer, questa è la seconda positività. La prima risale all’estate 2012, a pochi giorni dall’Olimpiade di Londra, quando il marciatore ammise l’assunzione di Epo in una straziante conferenza stampa. Confessò tutto, dall’inizio alla fine. In questo secondo caso, invece, non ha confessato nulla. Perché non aveva nulla da confessare, ha ripetuto più volte, convincendo tutti. O quasi. Già, perché i giudici non si sono fatti convincere. Per loro, Schwazer, è un recidivo. Un atleta da cancellare. Con questa enorme, spropositata e, forse, ingiusta sentenza.

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